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Recensioni

"Morrione ha lasciato i sentieri teorici dell'architettura per quelli sassosi ma concreti della fotografia. Fotografa le donne, di solito, e sono donne belle di tristezza, opache e vere di umanità, nella poca luce che dà all'obiettivo: ma una umanità cattolica, nel fondo, e ribelle, come quella degli edifici di Gaudi"
Ludovico Quaroni, dal saggio Antonio Gaudi, nel libro Gaudi immagine e architettura, Kappa, 1979

"La fotografia, nelle mani di operatori più sottili, è divenuta uno strumento di analisi e di messa in evidenza del mondo esterno e di quello interno alla fotografia stessa. Morrione utilizza il mezzo per sezionare, mettere in piano il corpo femminile, visto non più come oggetto mitico di possesso sessuale, bensì come campo di analisi e di possesso mentale. Il risultato è I evidenziamento di dati anatomici, non feticizzati dall'occhio meccanico, bensì consegnati .e formalizzati nella loro solitudine di particolari".
Achille Bonito Oliva, Corriere della Sera sulla mostra Grammatica di una donna, 1979

"... Più che una esplorazione di forme, più che una esaltazione plastica, il levigatissimo bianconero di Morrione si rivela, alla fine, una operazione controcorrente, che rompe moduli e schemi: certamente quelli della raffigurazione all'interno del genere. Ma, forse, anche quelli culturali di tutte le messe in codice che - non solo nel linguaggio peculiare della fotografia - si pongono spesso come troppo sicure mediazioni della trasmissione di significati. Come a dire che il lavoro di Morrione, nella sua valenza metalinguistica, ci obbliga a fare i conti non solo con un corpo di donna, ma anche con i modi attraverso i quali ogni messaggio ci viene tramandato".
Lanfranco Colombo, dalla presentazione del libro Grammatica di donna, Boria, 1986

"... Lascerò al lettore il gusto, e il divertimento, di seguire le vicissitudini del fotografo alle prese con il proprio passato e con quello delle modelle recalcitranti di fronte alle sue intrusioni; al lettore, inoltre, il piacere di inventarsi le scene utilizzando le immagini disponibili; a lui anche l'esercizio di decidere il genere letterario a cui questo materiale appartiene: se un racconto illustrato, un fotoromanzo, un reportage etnografico, un'autobiografia attraverso una eterobiografia..."
Francesco Scotti, dall'introduzione al libro Volti di donna, Kappa, 1991

Morrione non ha equivalenti nel panorama della fotografia di nudo italiana: non solo non usa la bellezza/la giovinezza, facile motivo erotico per i fotografi glamour delle riviste patinate; non solo è lontano dalla chiave di lettura ideologica e narrativa di molti fotografi concettuali degli anni Settanta. Pensiamo a Carlo Gajani - ma lo è anche dalla ricerca formale di Carla Cerati che, citando Bill Brandt, è poi l'unica che in qualche modo gli si avvicini. A differenza della fotografa, i particolari del corpo non sono mai per lui una metafora: il seno non diventa una duna di sabbia, il ventre la pendenza di un altipiano, la curva dei fianchi il profilo di una collina, e i peli del pube la vegetazione di una intricata foresta. Ma, man mano, acquistano un pathos: vibrano, pulsano sommessamente, o tumultuosamente, come i battiti del nostro cuore. E riusciamo a comprendere non solo l'essenza della persona stratta, ma anche quella di ogni donna . "
Alessandro Bertolotti, dal catalogo Corpi di donna, Kappa, 2007

"Mi chiedo da dove sia nata la preziosa coniugazione tra immagini e parole che forma il tessuto del libro. Che ne fa propriamente un evento, se pensiamo per quanti secoli si conoscevano solo i volti idealizzati delle donne, confinate in un silenzio senza storia, anzi lodate per un forzato tacere. L'intuizione geniale di Gabriele Mornone non sarebbe bastata a dar vita a questo libro se non avesse incontrato un desiderio profondo delle donne stesse. Che stava già lì, pronto ad accendersi".
Maria Luisa Algini, dalla presentazione "Specchiarsi in uno sguardo" sul libro "Voci"

“… Il pensiero affettuoso dell’autore permette che gli affetti esplodano in tutte le direzioni, semplicemente ricordando loro il legame che le unisce. E noi possiamo fantasticare non solo sulla loro storia individuale, sul percorso della loro vita, ma anche, nelle sue varie tappe, sulla qualità del rapporto, sul colore emotivo del momento…”.
Franca Avvisati, da “Madri e figlie”, 2014

Adele Ceraudo in un ritratto di Gabriele Morrione